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Alexis de Tocqueville

Dopo aver soggiornato negli Stati Uniti, il conte Alexis de Tocqueville (1805-1859) scrisse un'opera, La democrazia in America (1835-1840), in cui sosteneva che le società industrializzate avanzavano ineluttabilmente verso la democrazia: questa poteva portare u livellamento e un indebolimento delle capacità individuali, e il dispotismo della collettività. Non era possibile fermare il corso verso la democrazia, ma era possibile far convivere democrazia e libertà convogliando le spinte democratiche verso gli istituti dello Stato liberale, che doveva garantire il pluralismo, la libertà di stampa, le autonomie locali, l'autogoverno delle associazioni politiche e culturali.

Così Tocqueville, osservatore diretto, commentava la rivoluzione di febbraio:

"Due cose mi colpirono: prima il carattere-non dico principalmente-ma unicamente ed esclusivamente popolare della rivoluzione che avveniva; l'onnipotenza che essa aveva dato al popolo propriamente detto, cioè alle classi che lavorano colle loro mani, sopra tutte le altre...Sebbene le classi operaie avessero spesso avuto la parte principale negli avvenimenti della prima repubblica (1792), non erano mai state le conduttrici e le uniche padrone dello stato nè in fatto nè in diritto...La guerra tra la Montagna e la Gironda fu condotto da una parte e dall'altra da membri della borghesia, ed il trionfo della prima non fece mai arrivare il potere nelle sole mani del popolo. La rivoluzione di luglio era stata fatta dal popolo, ma la classe media l'aveva suscitata e condotta e ne aveva raccolto i frutti principali. La rivoluzione di febbraio, al contrario, sembrava essere fatta esclusivamente al di fuori della borghesia e contro di essa.
In quella giornata io non vidi in Parigi uno solo degli antichi agenti della forza pubblica, non un soldato, non un gendarme, non un agente di polizia; anche la guardia nazionale era sparita.

Solo il popolo portava armi, stava a guardia dei luoghi pubblici, vegliava, comandava, puniva. Era una cosa straordinaria e terribile vedere nelle sole mani di quelli che non possedevano nulla, tutta quella immensa città piena di tante ricchezze, o piuttosto quella grande nazione, perchè grazie alla centralizzazione chi regna a Parigi, comanda alla Francia. E così, il terrore di tutte le altre classi fu profondo, anzi io credo che in nessuna epoca della rivoluzione sia stato così grande e penso che si potrebbe paragonare solo al terrore che dovevano provare le città incivilite nel mondo romano, quando si trovavano d'un colpo in potere dei Vandali e dei Goti."

(in Gaeta-Villani)

Progetto realizzato da Irene Pucci per il corso "Metodologia della ricerca storica" - Prof.ssa Enrica Salvatori