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La rivoluzione nell'Impero asburgico

Il primo importante episodio insurrezionale ebbe luogo a Vienna, il 13 marzo. L'occasione della rivolta fu data da una grande manifestazione di studenti e di lavoratori duramente repressa dall'esercito. Dopo due giorni di combattimenti, gli ambienti di corte (regnava allora l'imperatore Ferdinando I, seminfermo di mente) furono costretti a sacrificare il cancelliere Metternich: l'uomo simbolo dell'età della Restaurazione dovette abbandonare il potere, che deteneva ininterrottamente da quasi quarant'anni, e rifugiarsi all'estero.

Le notizie dell'insurrezione di Vienna e della fuga di Metternich fecero precipitare la situazione nelle già irrequiete provincie dell'Impero asburgico e nella vicina Confederazione germanica. Il 15 marzo vi furono tumulti a Budapest, il 17 e il 18 si sollevarono Venezia e Milano. Il 19 i cittadini di Praga inviavano una petizione all'imperatore chiedendo autonomia e libertà politiche per i cechi. Nella primavera del '48 il grande impero plurinazionale sembrava sull'orlo del collasso. In maggio l'imperatore dovette abbandonare la capitale e promettere la convocazione di un Parlamento dell'Impero (Reichstag) eletto a suffragio universale.

La rivoluzione in Ungheria. In Ungheria le promesse del governo imperiale di concedere ai magiari una propria costituzione e un proprio parlamento non bastarono a fermare l'agitazione autonomistica. Sotto la spinta dell'ala democratico-radicale, che faceva capo a Lajos Kossuth, i patrioti ungheresi approfittarono della crisi in cui versava il potere centrale per creare un governo nazionale e per agire in tutta autonomia da Vienna. Fu decretata la fine dei rapporti feudali nelle campagne, una misura che certo contribuì ad assicurare l'appoggio dei contadini alla causa nazionale. Fu eletto un nuovo Parlamento a suffragio universale. In luglio, infine, Kossuth cominciò ad organizzare un esercito nazionale, primo passo verso la piena indipendenza, che costituiva ormai l'obbiettivo finale degli insorti.

Praga. Ad aprile venne formato un governo provvisorio. I patrioti cechi, per lo piú di orientamento liberale, non mettevano in discussione il vincolo con la monarchia asburgica, ma si limitavano a chiedere piú ampie autonomie per tutte le popolazioni slave dell'Impero. Ai primi di giugno si riunì a Praga un congresso cui parteciparono delegati di tutti i territori slavi soggetti alla corona asburgica. Ma il 12 giugno, pochi giorni dopo l'apertura del congresso, alcuni incidenti scoppiati fra la popolazione e l'esercito fornirono alle truppe imperiali il pretesto per un intervento. La capitale boema fu assediata e bombardata. Il congresso slavo fu disperso e il governo ceco sciolto d'autorità La sottomissione di Praga segnò l'inizio della riscossa per il traballante potere imperiale. Essa mostrava che l'efficienza e la fedeltà dell'esercito, tradizionale pilastro della monarchia asburgica, non erano state intaccate dagli ultimi rivolgimenti politici. Nel corso dell'estate la svolta si consolidò.

Mentre il Reichstag, riunitosi per la prima volta in luglio, era paralizzato dai contrasti fra le diverse nazionalità (l'unica decisione di portata storica fu l'abolizione della servitù della gleba in tutti i territori dell'Impero in cui era ancora in vigore), il governo centrale riprendeva gradualmente il controllo della situazione. In luglio il maresciallo Radetzky sconfiggeva i piemontesi e ristabiliva il dominio austriaco in Lombardia. In agosto, sotto la protezione dell'esercito, l'imperatore rientrava a Vienna.

A questo punto il governo si sentì abbastanza forte per affrontare lo scontro con i separatisti ungheresi che ormai rifiutavano ogni compromesso con la monarchia. Per venire a capo della secessione, il potere imperiale si servì abilmente delle profonde rivalità che dividevano gli slavi dai magiari. Questi ultimi inseguivano il sogno di una "grande Ungheria" che comprendesse tutti i territori slavi già appartenenti all'antico regno magiaro. Gli slavi del Sud-in particolare i croati-furono così indotti ad appoggiarsi alla monarchia asburgica che offriva loro maggiori garanzie di conservare la propria identità nazionale. Un capo del movimento autonomista, Josip Jelacic, fu nominato in luglio governatore della Croazia. In settembre, un esercito comandato dallo stesso Jelacic entrò in Ungheria per unirsi alle truppe imperiali. Almeno per il momento, peró, l'Ungheria fu salvata grazie ad una nuova insurrezione scoppiata a Vienna ai primi d'ottobre. Studenti e lavoratori della capitale austriaca si sollevarono per impedire la partenza di nuove truppe per il fronte.

I reparti già impegnati in Ungheria furono allora richiamati per schiacciare a rivolta. Alla fine d'ottobre Vienna fu cinta d'assedio e occupata dopo tre giorni di durissimi scontri. La rivoluzione nell'Impero asburgico veniva così stroncata nella sua punta piú avanzata. Poche settimane dopo, l'imperatore Ferdinando I abdicava in favore del nipote Francesco Giuseppe. Nel marzo 1849 il nuovo imperatore sciolse d'autorità il Reichstag e promulgò una costituzione "moderata", che prevedeva un Parlamento eletto a suffragio ridotto e dotato di poteri limitati e ribadiva al tempo stesso la struttura centralistica dell'Impero.

Progetto realizzato da Irene Pucci per il corso "Metodologia della ricerca storica" - Prof.ssa Enrica Salvatori