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La ripresa dei moti nel 1849

Nel gennaio del 1849, in tutti i territori dell'ex Stato pontificio, si tennero le elezioni a suffragio universale per l'Assemblea Costituente. Fra gli eletti, in maggioranza democratici, c'erano anche Mazzini e Garibaldi. Il 9 febbraio l'Assemblea proclamò la decadenza del potere temporale dei papi e annunciò che lo Stato avrebbe assunto il "nome glorioso di Repubblica romana", avrebbe adottato come forma di governo "la democrazia pura" e avrebbe stabilito col resto d'Italia "le relazioni che esige la nazionalità comune". Era il primo passo verso la realizzazione di quella "Costituente italiana" che avrebbe dovuto fondare la costruzione dell'unità nazionale su basi democratiche e non dinastiche.

Gli sviluppi nella situazione dello Stato pontificio ebbero immediate ripercussioni in Toscana. Ai primi di febbraio, Leopoldo II abbandonò il paese, mentre veniva convocata un'Assemblea costituente e i poteri effettivi passavano ad un triumvirato composto da Montanelli, Guerrazzi e Mazzoni.

Intanto i democratici ripresero l'iniziativa anche in Piemonte. Il 20 marzo 1849 Carlo Alberto, schiacciato fra le loro pressioni e l'intransigenza degli austriaci, che ponevano condizioni molti pesanti per la firma della pace, si decise a tentare di nuovo la via delle armi. Questa volta però aveva di fronte non un esercito in ritirata, ma un'armata già pronta ad attaccare.

Penetrate in territorio piemontese, le truppe austriache affrontarono l'esercito sabaudo il 22-23 Marzo nei pressi di Novara e gli inflissero una gravissima sconfitta. La stessa sera del 23 marzo, Carlo Alberto, per non mettere in pericolo le sorti della dinastia, abdicò in favore del figlio Vittorio Emanuele II. Questi, il giorno dopo, firmò un armistizio con gli austriaci. Una rivolta democratica scoppiata a Genova fu duramente repressa dall'esercito. Liquidata la partita col Regno sabaudo, gli austriaci potevano ora procedere alla restaurazione dell'ordine in tutta la penisola. Alla fine di marzo, un'insurrezione a Brescia fu schiacciata dopo durissimi combattimenti (le "dieci giornate" di Brescia). In aprile, le truppe imperiali strinsero d'assedio Venezia, che avrebbe resistito eroicamente per quasi cinque mesi e si sarebbe arresa per fame solo alla fine di agosto.

In maggio, mentre Ferdinando di Borbone riusciva finalmente a riconquistare la Sicilia, gli austriaci occuparono il territorio delle Legazioni pontificie (Bologna, Ferrara, la Romagna e le Marche settentrionali) e contemporaneamente posero fine all'esperienza della Repubblica toscana. Piú lunga e gloriosa fu l'esperienza della Repubblica romana, divenuta il centro principale della rivoluzione democratica e il luogo d'incontro di esuli e cospiratori di tutta Italia: da Mazzini e Garibaldi al romagnolo Aurelio Saffi, al genovese Mameli, al napoletano Pisacane, ai milanesi Cernuschi e Manara, eroi delle "cinque giornate". Intanto però, dal suo esilio di Gaeta, Pio IX si era rivolto alle potenze cattoliche per essere ristabilito nei suoi territori

Avevano risposto all'appello non solo l'Austria, la Spagna e il Regno di Napoli, ma anche la Repubblica francese, ormai dominata dalle forze clerico-conservatrici. Il presidente Bonaparte-sia per assicurarsi l'appoggio dei cattolici, sia per prevenire un'intervento austriaco-si riservò il ruolo principale nella restaurazione pontificia, inviando nel Lazio un corpo di spedizione forte di 35.000 uomini. All'inizio di giugno i reparti francesi attaccarono la capitale. I repubblicani-che avevano affidato pieni poteri a un triumvirato composto da Mazzini, da Saffi e dal romano Carlo Armellini-riuscirono a tenere in scacco gli assedianti per piú di un mese. La difesa della Repubblica romana, pur priva di qualsiasi possibilità di successo sul piano militare, ebbe un altissimo valore di testimonianza politica e ideale. Il 4 luglio, subito prima di annunciare la resa, l'Assemblea costituente approvò il testo della Costituzione, destinato a diventare un documento simbolo della politica democratica, oltre che un modello alternativo agli statuti di ispirazione moderata. Mentre i francesi entravano a Roma, Garibaldi lasciava la città con qualche centinaio di volontari, nel vano tentativo di raggiungere Venezia, che capitolò il 26 agosto.

Progetto realizzato da Irene Pucci per il corso "Metodologia della ricerca storica" - Prof.ssa Enrica Salvatori