La rivoluzione del '48 in Italia ebbe, nella sua fase iniziale, uno sviluppo autonomo rispetto agli altri paesi europei. Già all'inizio dell'anno, tutti gli Stati italiani apparivano percorsi da un generale fermento. Primo e fondamentale obbiettivo comune a tutte le correnti politiche era la concessione di costituzioni fondate sul sistema rappresentativo.
Fu la sollevazione di Palermo del 12 gennaio 1848 a determinare il primo successo in questa direzione, inducendo Ferdinando II di Borbone-il piú retrogrado di tutti i regnanti della penisola-ad annunciare il 29 gennaio la concessione di una costituzione nel Regno delle Due Sicilie.
Spinti dalla pressione dell'opinione pubblica e dalle continue dimostrazioni di piazza, prima Carlo Alberto di Savoia, poi Leopoldo II di Toscana, infine lo stesso Pio IX si decisero a concedere la costituzione. Le costituzioni del '48 avevano tutte un carattere fortemente moderato. La piú importante di tutte, lo Statuto che fu promesso da Carlo Alberto l'8 febbraio e che sarebbe poi diventato la legge fondamentale del Regno d'Italia, prevedeva una Camera dei deputati, un Senato di nomina regia e una stretta dipendenza del governo dal sovrano. Ma lo scoppio della rivoluzione in Francia e nell'Impero asburgico giunse a mutare i termini del problema, dando nuovo spazio all'iniziativa dei democratici e riportando in primo piano la questione nazionale.
Nei giorni immediatamente successivi alla rivolta di Vienna, si sollevarono anche Venezia e Milano. A Venezia, il 17 marzo, una grande manifestazione popolare aveva imposto al governatore austriaco la liberazione dei detenuti politici, fra cui era il capo dei democratici, l'avvocato Daniele Manin. Pochi giorni dopo, una rivolta degli operai dell'Arsenale militare cui si unirono numerosi marinai e ufficiali costringeva i reparti austriaci a capitolare. Il 23 un governo provvisorio presieduto da Manin proclamava la costituzione della Repubblica veneta.
A Milano l'insurrezione iniziò il 18 marzo e si protrasse per cinque giorni, le celebri "cinque giornate milanesi". Borghesi e popolani combatterono fianco a fianco sulle barricate contro il contingente austriaco; ma furono soprattutto gli operai e gli artigiani a sostenere il peso degli scontri. La direzione delle operazioni fu assunta da un "consiglio di guerra" composto prevalentemente da democratici e guidato da Carlo Cattaneo. Anche gli esponenti dell'aristocrazia liberale, inizialmente favorevoli a un compromesso col potere imperiale, finirono per appoggiare la causa degli insorti e diedero vita, il 22 marzo, a un governo provvisorio. Il giorno stesso gli austriaci, preoccupati per l'eventualità di un intervento del Piemonte, decisero di ritirare le truppe ai confini tra Veneto e Lombardia.
Il 23 marzo il Piemonte dichiarava guerra all'Austria. Diverse furono le ragioni che spinsero Carlo Alberto a questa decisione:
L'esempio di un sovrano finì col condizionare la decisione degli altri. Preoccupati dal diffondersi dell'agitazione democratica che minacciava la stabilità dei loro troni, Ferdinando II, Leopoldo II e Pio IX decisero di unirsi alla guerra antiaustriaca. La guerra piemontese sembrava così trasformarsi in una guerra d'indipendenza nazionale e federale, benedetta dal Papa e combattuta col concorso di tutte le forze patriottiche.
Ma l'illusione durò poco. Carlo Alberto dimostrò scarsa risolutezza nel condurre le operazioni militari. Pio IX, che si trovava in una posizione imbarazzante, annunciò il ritiro delle truppe il 29 aprile. Lo imitava, pochi giorni dopo, il granduca di Toscana. A metà maggio era Ferdinando di Borbone, che nel frattempo aveva sciolto il Parlamento appena eletto, a richiamare il suo esercito.
Rimasero a combattere contro l'Austria molti fra i componenti dei corpi di spedizione regolari, protagonisti, in Maggio, di un glorioso fatto d'armi a Curtatone e Montanara. Accorse dal Sud America Giuseppe Garibaldi, che si mise a disposizione del governo provvisorio lombardo. Dopo alcuni modesti successi iniziali dei piemontesi, l'iniziativa tornò nelle mani dell'Impero asburgico. Il 23-25 luglio, nella prima grande battaglia campale, che si combattè a Custoza, presso Verona, le truppe di Carlo Alberto furono nettamente sconfitte e si ritirarono oltre il Ticino. Il 9 agosto fu firmato l'armistizio con gli austriaci.