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Il pensiero di Marx

Nel 1847 un gruppo di intellettuali socialisti esuli a Londra fondò la Lega dei comunisti- una società operaia, filiazione di una "Lega dei giusti" nata a Parigi-e affidò l'incarico di redigerne il programma a due giovani studiosi tedeschi, Karl Marx e Friedrich Engels. Nacque così il Manifesto dei comunisti, pubblicato a Londra nel 1848. Alla dottrina esposta nel Manifesto e poi sviluppata ulteriormente nella sua opera fondamentale, Il Capitale, Marx giunse attraverso l'analisi della storia e la riflessione critica sulla filosofia dialettica di Hegel, sul socialismo francese, sull'economia classica inglese.

Il pensiero hegeliano e il suo "raddrizzamento": la concezione materialistica della storia nel Manifesto dei comunisti

  1. Del pensiero hegeliano Marx accetta la concezione dialettica della storia, ma ne respinge l'idealismo: la base reale della società è la struttura economica; le istituzioni politiche, a cominciare dallo Stato, le idee religiose, filosofiche, morali sono altrettante sovrastrutture, che servono a consolidare politicamente e a giustificare l'egemonia della classe dominante. Lo studio della società dimostra fino ad oggi che la classe dominante è quella che detiene i mezzi di produzione: ad essa si sono opposti costantemente, nei vari sistemi produttivi che si sono succeduti nel tempo, i gruppi subordinati. La storia di ogni società esistita fino a questo momento è la storia di lotta di classi (materialismo storico).
  2. La borghesia ha sconfitto la feudalità, che deteneva i mezzi di produzione, la terra; ma il capitalismo borghese, nato con l'introduzione delle macchine, ha prodotto il proletariato, sempre piú numeroso e sempre piú sfruttato, il quale combatterà a sua volta la borghesia, configurandosi come classe rivoluzionaria, ben distinta da tutte le altre classi (piccoli commercianti, artigiani, contadini ecc.). La borghesia ha in sè elementi di crisi (l'epidemia della sovrapproduzione), fonte alla lunga di guerre catastrofiche, che metteranno in luce le contraddizioni del capitalismo, e quindi l'inevitabilità della sua fine. Poichè le condizioni del proletariato prodotto dal capitalismo sono uguali in tutto il mondo, la solidarietà di classe del proletariato si estenderà al mondo intero. Un grandioso sforzo rivoluzionario "accentrerà tutti gli strumenti di produzione nelle mani dello Stato, cioè del proletariato organizzato come classe dominante", che imporrà la sua dittatura.
  3. La dittatura del proletariato sarà un periodo si trapasso verso la vera società comunista: una società di uomini liberi, in cui l'attività produttiva non sarà piú finalizzata al profitto, ma ai bisogni degli uomini; una società senza classi e senza Stato, cioè senza strumenti di dominio di una classe sull'altra.
Progetto realizzato da Irene Pucci per il corso "Metodologia della ricerca storica" - Prof.ssa Enrica Salvatori