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L'Impero asburgico dal Congresso di Vienna al 1848

L'impero asburgico - nonostante avesse visto ridimensionato, con le guerre napoleoniche, il suo ruolo di grande potenza - si affermò, sotto l'abile guida del Metternich, come il fulcro dell'equilibrio continentale e uscì dal congresso piú forte e piú compatto, pur conservando il suo carattere di Stato plurinazionale. La perdita del Belgio e del Lussemburgo che, uniti all'Olanda, formarono il Regno dei Paesi bassi, fu compensata dall'acquisto del Veneto (che fu unito alla Lombardia nel Regno Lombardo-Veneto) e dal riconoscimento di un ruolo egemone sull'intera penisola italiana.

L'Impero asburgico si ritrovò così a comprendere popolazioni appartenentia a sette nazionalità: tedeschi, magiari, italiani, romeni, slavi del sud, polacchi, cecoslovacchi; di qui, la necessità di un apparato statale accentrato e di un governo autoritario, che si reggeva sulla burocrazia e sulla organizzazione poliziesca, per impedire sovvertimenti liberali e nazionali.

Nel 1830, mentre l' Inghilterra proseguiva sulla via delle riforme, l'Impero d'Austria, come la Confederazione germanica, proseguì sulla via del conservatorismo reazionario. Non fu realizzata alcuna modificazione che rispondesse alle richieste sempre piú pressanti di riforme politiche in senso liberale o che accennasse a risolvere i problemi delle nazionalità soggette (Cechi, Slovacchi, Sloveni, Croati, Polacchi, Italiani, Ungheresi); tuttavia, le spinte autonomistiche in Ungheria, particolarmente forti in quanto alimentate non solo dalla borghesia, ma anche dalla nobiltà, trovarono un capo in Luigi Kossuth.

Nel 1846 vi fu un notevole avvicinamento dell'Austria alla Francia, in quanto il Guizot, capo del governo francese, approvò l'annessione all'Austria della Repubblica di Cracovia, l'unica parte della Polonia rimasta libera dopo il Congresso di Vienna.





Progetto realizzato da Irene Pucci per il corso "Metodologia della ricerca storica" - Prof.ssa Enrica Salvatori